Commento a: Imbalance in the sensitivity to different types of rewards in pathological gambling.

Commento a: Imbalance in the sensitivity to different types of rewards in pathological gambling. Sescousse G, Barbalat G, Domenech P, Dreher JC. Brain 2013
di Cesare Guerreschi

Gli studi di neuro-immagine hanno, nel corso degli anni, offerto molte importanti intuizioni sul funzionamento dei substrati neurali nelle dipendenze patologiche. In questo studio gli autori hanno sottoposto i loro soggetti sperimentali, diciotto giocatori patologici e venti soggetti di controllo, ad un esperimento in risonanza magnetica funzionale mentre sostenevano un semplice compito di discriminazione visiva a cui seguiva una ricompensa visiva.
In caso di risposta corretta, data nel tempo limite, il soggetto poteva vedere un’immagine erotica oppure l’immagine di una cassaforte con il simbolo del dollaro. Prima del compito compariva un’immagine-indizio che anticipava il tipo di rinforzo previsto.

In generale, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) misura il cosiddetto segnale BOLD (Blood Oxigenation Level Dependent), una misura indiretta dell’attività cerebrale mediante la rilevazione delle proprietà magnetiche dell’ossigeno nel sangue, l’aumento di tale segnale indica un afflusso di sangue ossigenato in una determinata area da cui si può inferire che tale area sia particolarmente attivo nel compito sperimentale specifico.
Il comportamento al compito ha mostrato un forte effetto tra tipo di gruppo e tipo di ricompensa con risposte significativamente più veloci da parte dei giocatori nella condizione con l’immagine della cassaforte e il denaro. I dati più interessanti provengono però dai dati di neuro-immagine.
Una differenza significativa tra giocatori e soggetti di controllo è nell’attivazione di aree deputate alla motivazione, come lo striato ventrale, durante la fase di anticipazione.
Da studi precedenti, in tale area è risultato un aumento del segnale BOLD direttamente proporzionale all’entità della ricompensa e una diminuzione del segnale quando la ricompensa attesa viene ottenuta (Yacubian et al. 2007); va ricordato anche che una meta-analisi volta ad identificare i correlati neurali di alcuni tratti di personalità ha rilevato come l’attivazione dello striato ventrale sia correlata a tratti come impulsività, ricerca di sensazioni e propensione al rischio (Kennis et al., 2013). Più in generale, lo striato ventrale è conosciuto per mediare le relazioni tra gli agenti gratificanti e gli aspetti motivazionali relativi ad essi, svolgendo un’importante ruolo nell’apprendimento, nella formazione delle abitudini e dei tratti di personalità (Brunori et al., 2013).
Per i giocatori, si è riscontrata un’attivazione ridotta per le immagini erotiche e aumentata per le immagini di denaro rispetto ai soggetti di controllo; tale differenza è risultata direttamente correlata alla gravità dei sintomi.
Durante la fase di ricompensa, contrariamente alle aspettative, non è stata registrata un’attivazione dello striato ventrale genericamente ridotta nei giocatori. Questo contraddice la teoria per cui a giocare un ruolo decisivo nello sviluppo del gioco d’azzardo patologico sarebbe un deficit di attivazione nelle aree cerebrali deputate alle motivazioni primarie.
A livello della corteccia orbito-frontale laterale dei giocatori è stata osservata un’anomalia importante: diverse evidenze raccolte durante ricerche precedenti mostrerebbero che tale area cerebrale è organizzata funzionalmente in direzione postero-anteriore con la parte anteriore deputata a processare informazioni relative a ricompense astratte o secondarie (come il denaro) mentre la parte posteriore processa ricompense concrete e primarie (cibo, sesso…) (Sescousse et al. 2010). Tale dissociazione è risultata confermata nel campione di soggetti di controllo ma nei giocatori il pattern di attivazione è diverso: la ricompensa monetaria non solo attiva la zona anteriore ma viene reclutata anche una porzione della zona posteriore.
Come anticipato sopra, questo esperimento offre anzitutto una disconferma della teoria per cui alla base della predisposizione individuale per il gioco d’azzardo patologico ci sarebbe un funzionamento inefficiente di aree che codificano la soddisfazione derivante dal ricevere una ricompensa (reward deficiency syndrome hypothesis). Tale ipotesi era stata suffragata da uno studio che aveva rilevato una correlazione negativa tra entità dell’attivazione dello striato e gravità del gioco d’azzardo patologico, sebbene l’interpretazione dei dati non potesse dirsi definitiva (Reuter et al., 2005).
Ciò che è stato osservato qui non è un’attivazione generalmente più debole ma dei pattern di attivazione diversi.
Chiaramente serviranno ulteriori studi per confermare e approfondire le nuove scoperte ma per intanto questi dati offrono degli spunti per delle riflessioni.
Lo studio di Sescuosse e collaboratori può essere letto in questa cornice di ricerca perché in un campione patologico specifico viene riscontrata un’anomalia nell’attivazione di aree deputate alla motivazione, il cui sviluppo funzionale è in parte dipendente dall’ambiente con cui l’individuo ha interagito nei primissimi mesi e anni di vita.

Lo studio della relazione tra stile di accudimento genitoriale, forme di attaccamento (in senso bowlbiano) e sviluppo anomalo della funzionalità cerebrale è un campo in pieno sviluppo; solo recentemente sono diventate disponibili apparecchiature come la risonanza magnetica funzionale, in grado di riprodurre immagini del cervello umano con una buona risoluzione spaziale, migliore di quella della tomografia assiale computerizzata e della tomografia ad emissione di positroni.
Nel caso della dipendenza da sostanze, il contatto con l’oggetto della dipendenza è l’evento scatenante una cascata di condizionamenti pavloviani mediati da sistemi che convergono nello striato ventrale dall’ippocampo, dall’amigdala, dal cingolo anteriore e dalla corteccia prefrontale mediale (Robbins & Everitt, 2002). Come sappiamo, però, non basta la semplice assunzione di una sostanza per innescare il meccanismo della dipendenza, al riguardo si riscontrano importanti differenze individuali. L’identificazione di tali differenze individuali, per quanto riguarda il gioco d’azzardo patologico, può beneficiare largamente degli spunti derivanti dallo studio di Sescousse e collaboratori perché il denaro è un oggetto con il quale tutte le persone entrano in contatto.
Questa patologica attribuzione di valore emotivo al denaro, a livello neurologico, viene probabilmente mediata dall’amigdala, che è risultata interagire significativamente con la corteccia prefrontale orbitale in compiti di attribuzione di valore a ricompense primarie (Murray & Wise, 2010).
Lo sviluppo del GAP quindi può includere questa componente di patologica affezione verso il denaro che nell’azione della dipendenza si traduce nel fenomeno del loss chasing per cui l’inseguimento delle perdite ha il ruolo di relazione idealizzante con il denaro. Non è possibile infatti ridurre il GAP al rapporto patologico con il denaro che non costituisce l’oggetto della dipendenza in sé.
Senza perdere di vista l’oggetto-denaro, possiamo dire che, il ruolo che esso ha avuto nell’interazione genitore-figlio e il valore che esso ha all’interno della famiglia può avere un ruolo specifico nell’eziopatogenesi del GAP.
Uno degli effetti che l’accudimento genitoriale ha sullo sviluppo della personalità dell’adulto è quello di fornire, per così dire, i mezzi per la gestione delle proprie emozioni.
Tutte le teorie psicoevolutive concordano sull’incapacità del neonato e del bambino molto piccolo di riconoscere e sopportare l’intensità delle emozioni, positive e negative, che viene a provare in seguito alla stimolazione ambientale. Il genitore, mediante un’interazione positiva, deve riuscire a guidare il figlio nel riconoscimento e accettazione dei propri stati emotivi. Questo processo non può dirsi terminato fino alla soluzione del processo di individuazione dell’adolescenza, in cui la separazione emotiva e ambientale dai genitori deve risolversi con lo sviluppo di un senso del sé integro e autonomo.
Se questo processo non viene risolto nella maniera migliore, la persona può sviluppare distorsioni e difficoltà nel leggere i propri e gli altrui sentimenti e gli stati di affezione negativa possono essere percepiti come intrusivi o insopportabili. Nel caso del giocatore patologico, possiamo ipotizzare, sia dai risultati dell’esperimento in esame, sia dall’osservazione clinica, che a un certo punto dello sviluppo il denaro ha assunto il ruolo di regolatore emotivo all’interno della famiglia.
Immaginiamo ad esempio una famiglia in cui i genitori risolvono i turbamenti emotivi del figlio (parliamo qui di una fascia di età dai sei ai diciotto anni) dandogli dei soldi da spendere. Un contesto simile, associato ad altri fattori di rischio, può avere un ruolo nello sviluppo di patologie come il disturbo di personalità borderline (l’elargizione del denaro sostituisce l’affezione negativa con una positiva in assenza di un’autentica mentalizzazione dello stesso: le emozioni vengono scisse e il denaro viene investito di emotività positiva idealizzata), il disturbo di personalità antisociale e il disturbo di personalità narcisistico (l’emozione negativa viene rimossa e la sua espressione assume un significato strumentale al fine di ottenere il sostituto economico dell’accudimento: il falso sé grandioso e manipolatorio sostituisce la percezione di sé come debole e indegno di essere amato).
Questi disturbi della personalità sono frequentemente in comorbilità con il GAP e, anche quando non si arriva alla doppia diagnosi in senso stretto, tratti narcisistici, comportamento antisociale e prevalentemente modalità borderline di funzionamento mentale (con prevalenza del meccanismo di difesa della scissione) sono più che frequenti in tutti gli individui affetti da forme di dipendenza, da sostanza o comportamentale.
Concludendo, le riflessioni ispirate da questa ricerca mi sembrano meritevoli di approfondimenti ulteriori, in particolare sulla dimensione fenomenica del rapporto con il denaro dei giocatori problematici e patologici.







Bibiliografia:
Brunori G., Cippitelli A., Serpelloni G., Ciccocioppo R. (2013) La Neurobiologia del gioco d’azzardo patologico, Italian Journal on Addiction,. 3, 1
Kennis M., Rademaker A. R., Geuze E. (2013): Neural correlates of personality: An integrative review, Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 37, 73–95
Murray E. A., Wise S. P. (2010): Interactions between orbital prefrontal cortex and amygdala: advanced cognition, learned responses and instinctive behaviors, Current Opinion in Neurobiology, 20, 212–220
Nestler E. J. (2002): Common Molecular and Cellular Substrates of Addiction and Memory, Neurobiology of Learning and Memory, 78, 637–647
Reuter, J., Raedler, T., Rose, M., Hand, I., Glascher, J., Buchel, C., 2005. Pathological gambling is linked to reduced activation of the mesolimbic reward system, Nature Neuroscience, 8, 147–148.
Robbins T.W., Everitt B.J. (2002): Limbic–Striatal Memory Systems and Drug Addiction, Neurobiology of Learning and Memory, 78, 625–636
Sescousse G, Redoute´ J, Dreher JC. (2010) The architecture of reward value coding in the human orbitofrontal cortex, The Journal of Neuroscience, 30, 13095–104.
Van Holst R. J., van den Bink W., Veltman D. J., Goudriaan A. E. (2010): Why gamblers fail to win: A review of cognitive and neuroimaging findings in pathological gambling, Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 34, 87–107
Yacubian, J., Sommer, T., Schroeder, K., Glascher, J., Braus, D.F., Buchel, C. (2007): Subregions of the ventral striatum show preferential coding of reward magnitude and probability, Neuroimage, 38, 557–563


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