Un cappello pieno di spine
SEZIONE SPECIALE: Un’analisi operante nell’insorgenza del disturbo da gioco d’azzardo Relazioni tratte dal seminario del 13/6/2014 – presso la sede della Caritas Ambrosiana a Milano.
ALEA e AND-Azzardo e Nuove Dipendenze nel mese di giugno hanno chiamato a raccolta 81 operatori professionali in un interessante seminario di studi. In questa sezione speciale, si trovano molti dei contribuiti presentati dagli oratori invitati. Tema del seminario è un aspetto poco approfondito del gioco d’azzardo: il condizionamento operante, già messo in relazione con il gioco d’azzardo nel secolo scorso da Frederic Bhurrus Skinner, lo psicologo che lo ha teorizzato. Abbiamo analizzato il ruolo del condizionamento operante da tanti punti di vista: da quello della psicologia, dell’antropologia, della sociologia, della neurobiologia, della cibernetica, e della psichiatria. L’argomento trattato nel seminario è originale perché ribalta le responsabilità rispetto alla patologia dell’azzardo.
Questo è importante per spostare il focus dal giocatore, quale soggetto vulnerabile, a quello che è il contesto di gioco d’azzardo che è stato costruito intorno al giocatore in Italia nell’arco degli ultimi quindici anni. Ci siamo chiesti se il condizionamento sia un reale pericolo per la popolazione che fruisce senza filtri ambientali e culturali del cosiddetto “divertimento” gioco d’azzardo, trovandolo liberamente in bar e tabaccherie. Ci siamo chiesti se chi gestisce il gioco d’azzardo è a conoscenza del potere del condizionamento e quindi se è responsabile delle sue conseguenze. Una delle ipotizzabili conclusioni potrebbe essere che tra i giocatori non ci siano persone fragili, ma persone che si ammalano a causa di meccanismi scientificamente applicati ai giochi d’azzardo. L’analisi operante nell’insorgenza del disturbo da gioco d’azzardo ci induce a pensare che vadano riscritti i concetti di normalità e di vulnerabilità. Mettere le slot in luoghi frequentati normalmente per altri motivi ricreativi normalizza la presenza delle slot. E diventa naturale che a tutti possa capitare di giocare e di fare vincite con schemi di rinforzo tali da ammalarsi di gioco d’azzardo. Ne è conseguenza che può diventare vulnerabile chiunque incontra normalmente il gioco d’azzardo. Mentre stavamo organizzando il seminario abbiamo ricordato il finale di un vecchio film del 1983, “War Games”, in cui un ragazzino che era riuscito a giocare con il computer del Pentagono viene invitato dal computer a giocare a una pericolosissima “guerra nucleare totale”. Quando il gioco ha inizio niente più sembra riuscire a fermare il computer. Ma il ragazzino gli propone come alternativa un altro gioco: il “tris”. E’ impossibile vincere a “tris” e per farlo capire al computer il ragazzino, supportato dagli esperti del Pentagono e dallo stesso programmatore del computer, gli propone di giocare contro sé stesso. In pochi secondi il computer “impara” che non si può vincere a “tris”, e ciò vale anche per “guerra nucleare totale”. La morale del film, appresa dal computer, può essere estesa anche al gioco d’azzardo: “Strano gioco, l’unica mossa vincente è non giocare”. Perché, come ha avuto modo di osservare l’antropologa Natasha Dow Schull, stiamo parlando di “una dipendenza studiata ad arte”.