Alla Ricerca dell'Estinzione del Condizionamento Operante
Il contributo offerto dagli approcci comportamentali, per svelare i meccanismi di condizionamento impliciti nei sistemi di gioco d'azzardo è stato di notevole importanza. Questi approcci studiano in modo particolare la complessa interazione tra ambiente e uomo, tra stimoli ambientali e risposte, approfondiscono la capacità di apprendere e modellare il comportamento umano, in relazione a nuovi e diversi stimoli proposti dall'ambiente o da nuovi contesti e dalle ricompense o punizioni ricevute. Il gioco d'azzardo non fa eccezione, infatti la situazione di gioco può essere descritta come una attività piena di interessanti e variegati stimoli e ricompense, molto appetibili e attraenti per le persone, come le sale confortevoli e accoglienti, esteticamente accattivanti, suoni e luci piacevoli e gratificanti interazioni sociali, nonché possibili vincite.
I comportamentisti ipotizzano che questa rete di stimoli e premi, inizialmente, spingano le persone a giocare ma, nel tempo, servono poi a controllare e mantenere il comportamento. Il range di fattori comportamentali e situazionali che possono contribuire all'avvio del gioco d'azzardo e al suo mantenimento sono stati per la maggior parte descritti da Ferster e Skinner già nel 1957. Questi autori hanno sottolineato l'importanza dei “modelli di rinforzo differenti o intermittenti” come meccanismo dominante per mantenere l'individuo condizionato al gioco. I modelli di rinforzo intermittenti sono ciò di più semplice che noi possiamo osservare nelle slot. Le slot sono degli apparecchi che rinforzano il giocatore ad intervalli variabili, infatti se noi ci mettiamo a giocare in una macchinetta possiamo essere rinforzati (vincere) dopo 30 azioni di gioco, oppure 15, oppure 5. Tuttavia poiché l'intervallo è appunto variabile è difficile per la nostra mente fare delle previsioni corrette e per certi versi questo nostro limite diventa un punto di forza per il processo di dipendenza perchè spinge il giocatore a emettere continuativamente il comportamento di gioco come unica risposta. Sempre su questa linea possiamo affermare che le moderne slot donano la falsa impressione che il rinforzo sia disponibile con una discreta frequenza in piccole e appetitose vincite, che sono chiaramente più piccole delle cifre giocate. Questo ulteriore rinforzo viene attivato per mantenere alto l'interesse del giocatore e mantenerlo “agganciato” all'apparecchio. Ma senza dubbio l'effetto più incisivo di queste piccole vincite è stato descritto dall'autrice N. Petry nel 2005. Lei sottolinea come i giocatori siano molto vulnerabili all'effetto priming -adescamento- . Questo effetto è rinvenibile all'interno dei racconti che i giocatori riportano ai clinici, essi rivivono con entusiasmo e trasporto le prime vincite, descrivono dettagliatamente la quantità di denaro portata a casa e le aspettative costruite sulla base di queste vincite. Tuttavia faticano a riconoscere che questi eventi, isolati e sporadici, hanno avuto un ruolo di fissare il comportamento di gioco e di creare quella catena di comportamenti condizionati. E' quindi quasi scontato che io, giocatore, possa ricordare quanto denaro ho vinto in passato quando associo il rumore dei soldi che scende nella slot e che di conseguenza provi un discreto desiderio di riprovare, attivando così un comportamento condizionato. Ma forse l'aspetto più insidioso del modello intermittente è rappresentato dall'effetto PREE o effetto di estinzione parziale del rinforzo. Questo specifico meccanismo si riferisce al fatto che, quando le persone sono messe difronte a modelli molto “scarsi”di rinforzo , in cui i rinforzi sono molto infrequenti, essi si abituano a lunghi periodi senza ricompensa. Le conseguenze comportamentali sono particolarmente interessanti da un punto di vista psicopatologico e desideriamo elencarle nella loro completezza: in primo luogo i giocatori falliscono nel discriminare tra condizioni in cui il rinforzo è o non è disponibile; nel tempo i giocatori potrebbero diventare sempre più resistenti a lunghi periodi senza ricompense come descritto da Capaldi nel 1966. Questo comportamento è riconoscibile dal fatto che i giocatori raccontano di avere la “pazienza” di scommettere per molte ore consecutive al fine di ottenere il risultato sperato; infine se i giocatori dopo lunghi periodi di gioco, cioè dopo aver pazientato incorrono in una vincita si crea quella forma di condizionamento che lo stesso Capaldi ha chiamato “comportamento condizionato dall'attesa” . In questo modo per i giocatori sarà difficile cogliere che il loro investimento nel gioco è svantaggioso bensì potrebbero consolidare la convinzione che una buona tenuta comportamentale nel gioco è alla fine vantaggiosa o comunque porta ad una vincita. Il gioco d'azzardo appare così versatile da ottenere un potere condizionante anche quando esercita un rinforzo negativo e ciò è stato sottolineato ampiamente dalla letteratura cognitivo-comportamentale, come fattore di rischio per lo sviluppo di meccanismi di dipendenza. In queste situazioni specifiche il gioco viene vissuto come una forma di fuga, molto efficace, da condizioni di stress, ansia e depressione. Il gioco appare una strategia di evitamento efficace che distoglie la persona da stati di disforia e ansia intollerabili. Infine alcuni processi sociali sembrano mantenere il comportamento di gioco o perché avviene un cambio culturale tale per cui il gioco d'azzardo è consuetudine e normale o perché si è esposti a continui messaggi di invito e diffusione del gioco. O ancora perché l'organizzazione del gioco e tale per cui una volta che la persona è stata introdotta nell'ambiente del gioco viene avvolta da tutta una serie di azioni promotrici dello stesso comportamento come i premi fedeltà, i condizionamenti sonori, gli appuntamenti regolari e continuativi, gli effetti di generalizzazione che servono per fissare il comportamento problematico. Se questi sono i processi di condizionamento possiamo ora suggerire i possibili interventi terapeutici a favore di un maggiore controllo di questa dipendenza? Per fare ciò è indispensabile identificare quali siano le funzioni del gioco, vale a dire i bisogni psicologici o gli stati emotivi che ne sottendono il desiderio e comprendere quali siano i principali meccanismi di innesco, i facilitatori e fattori situazionali che portano all’urgenza del gioco. Di conseguenza a queste strategie di indagine –o assessment- diventa più possibile trovare modi per de-condizionare tali risposte e avviare un processo di evitamento dell’esposizione di stimoli associati al gioco. Per occuparsi dei primi due obiettivi, siamo sostenuti da uno strumento classico in terapia cognitivo- comportamentale che è l’analisi funzionale. Tramite questo strumento il clinico può analizzare le situazioni di gioco o in cui vi sia stata un’intensa voglia di giocare, per dettagliare quale sia stata la catena di eventi, sensazioni, emozioni o pensieri che ha poi portato all’impulso di giocare. Punto focale della analisi è l’individuazione dell’evento trigger, vale a dire ciò che di specifico ha scatenato l’accendersi dell’impulso in quel determinato momento, cosa è successo nell’ambiente che ha prodotto gli eventi successivi, l’attenzione non è focalizzata nel “individuare il colpevole”, quanto la condizione di innesco, quindi se l’analisi individua come evento trigger la telefonata dell’ex compagna questo non ha lo scopo di spostare la responsabilità su quest’ultima ma di comprendere cosa sia avvenuto. Una volta definito l’elemento di innesco l’analisi può procedere in modo retrospettivo, andando a valutare se vi fossero elementi di vulnerabilità (antecedenti) che agivano sul paziente nel momento del presentarsi della condizione di innesco. Esempi di antecedenti di vulnerabilità possono essere stati fisiologici come la mancanza di sonno, fame, iperarousal, uso di sostanze, emozionali come il senso di noia o di tipo ambientali, come l’essere in ferie. Successivamente è possibile portare l’attenzione sui nessi successivi all’evento trigger, si può trattare di pensieri o assunzioni, emozioni, sensazioni fisiche o mentali associate in passato al comportamento di gioco. Rispetto all’esempio precedente è possibile che l’emozione della rabbia potesse succedere alla telefonata, e successivamente un pensiero rivendicativo. Una volta analizzati i vari passaggi che portano verso l’impulso, vengono identificate le conseguenze positive e negative del comportamento, ad esempio il fatto di essere stati scoperti, il rivolgersi a un servizio di cura, il tamponamento di qualche problema economico. Questa analisi permette, in una fase successiva dell’intervento, di valutare quali siano i fattori intervenienti che mantengono i comportamenti a rischio. Questi possono essere, ad esempio, rilevare dei pensieri fallaci e illusori legati al gioco, la mancanza di abilità di gestione delle emozioni, il condizionamento classico legato a luoghi o contesti che siano stati associati al gioco, il condizionamento operante legato al rinforzo positivo –e valore attribuito- associato al gioco e dal rinforzo negativo rispetto all’alleviamento da altre condizioni negative, o ancora il modellamento ambientale, e infine l’effetto prodotto dal comportamento di gioco, che contribuirà secondo la legge dell’effetto di Thorndike a mantenere o meno il comportamento. Ne consegue che per ridurre il gioco il terapeuta deve aiutare il giocatore a ridurre (o tenere sotto controllo) le condizioni di vulnerabilità e deve modulare la dipendenza dai rinforzi associati al gioco. Questo si può fare in vari modi e in primis cognitivamente, aiutando a non utilizzare questi sistemi come modalità di coping, ad esempio, e introducendone altri e più specifici. A volte il gioco d’azzardo è mantenuto principalmente per rinforzo negativo rispetto alla soppressione di emozioni negative, come nel caso suggerito dalla tipologia 2 di Blaszczynski, in cui la presenza di problemi psicologici può costituire un fattore di vulnerabilità ulteriore, proprio perché il gioco può svolgere la funzione di rinforzo negativo per quel malessere, sospendendolo durante le sessioni di gioco. In questi casi bisogna intervenire in modo complesso, poiché il senso di urgenza indotto dall’impulso di evitare il malessere può essere molto forte, quindi diventa necessario, come indicato da Blaszczynski, occuparsi innanzitutto delle cause sottostanti e scatenanti il comportamento (antecedenti, vulnerabilità); de-condizionare le risposte agli stimoli di gioco (tramite condizionamento avversativo, desensibilizzazione sistematica ed esposizione in vivo); sostituire il gioco d’azzardo con altre attività che corrispondano alla medesima funzione, in modo da mantenere l’effetto di rinforzo negativo ma spostarlo su un altro agente, e aiutare il giocatore a evitare situazioni in cui sia vulnerabile e aiutarlo a gestirsi in queste situazioni. L’autrice Karen Pryor, nel suo illuminante testo “L’addestramento del cane”, descrive un approccio paradossalmente molto umano alle strategie comportamentali, mentre descrive le diverse strategie che guidano la dismissione di comportamenti indesiderati, dalle più basilari e rozze, all’uso del rinforzo come strumento principe, all’agire, in modo ancora più elegante, sui fattori che motivano il comportamento. Come se un cerchio si chiudesse questo ci riporta alle indicazioni di Blaszczynski che suggerisce che, nelle tipologie in cui il gioco non sia solo un evento condizionato, il riconoscimento della funzione svolta dal gioco diventa un fulcro cruciale per l’intervento.
Bibliografia
- Ferster, C. B., Skinner, B. F. (1957). Schedules of reinforcement. New York: Appleton-Century- Crofts
- Karen Pryor — L’arte di addestrare il cane. Ed. Eraora, 2005
- Richard D.C. S., Blaszczynski A., Nower L. The Wiley-Blackwell Handbook of Disordered Gambling. John Wiley & Sons, 2014
- Zangeneh, M., Blaszczynski, A., Turner, N. (2008). In the pursuit of winning. Problem gambling theory, research and treatment. New York, USA: Springer.
- N. M. Petry. Pathological Gambling: Etiology, Comorbidity, and Treatment. Washington DC, American Psychological Association, 2005