Alea Bulletin

Bollettino di informazione specialistica in materia di azzardo. La redazione di Alea Bulletin, con periodicità variabile, raccoglie riflessioni, approfondimenti, recensioni, al fine di alimentare il dibattito scientifico e di offrire alla comunità degli operatori che lavorano nel settore informazioni corrette ed aggiornate.

ALEA Bulletin

2013

n° 2

It’s A Long Way To Tipperary: Verso La Validazione Empirica Della Tipologia Di Blaszczynski

addictionLettura e commento di:Lia Nower, Silvia S. Martins, Keng-Han Lin, Carlos Blanco (2013). Subtypes of disordered gamblers: results from the National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions. Addiction, 108/4: 789-798.

 

I presupposti dello studio
Il gioco d’azzardo patologico, similmente alle altre forme di addiction, è una sindrome sotto la quale emergono prepotentemente aspetti di disomogeneità ed eterogeneità della popolazione coinvolta. I giocatori patologici manifestano differenze intragruppali legate a vari fattori quali ad esempio il genere, l’età, le motivazioni, la comorbilità psichiatrica, l’uso di alcool e altre sostanze, le preferenze dei giochi, i tratti temperamentali e la personalità.

{jcomments on}Con due articoli del 2000 e 2002, Blaszczynski e Blaszczynski e Nower proposero una classificazione che integrava elementi clinici, neurobiologici, cognitivi, psicopatologici e ambientali, e che è conosciuta come tipologia di Blaszczynski.

In realtà, più che una tipologia in senso stretto, Blaszczynski e Nower ipotizzano tre percorsi etiologici alternativi (pathways) lungo i quali la persona che gioca giunge alla condizione di problematicità. Secondo gli Autori il giocatore avvia la fase di intensificazione del gioco a partire da condizioni ambientali (accessibilità, disponibilità, pressione dei pari, apprendimento), dallo sviluppo di distorsioni cognitive e dall’instaurarsi di un condizionamento sia con meccanismo classico pavloviano che operante. Il condizionamento operante è ottenuto mediante l’applicazione di un rinforzo, in questo caso intermittente, da parte delle slot machine o di altre modalità di gioco d’azzardo. Il condizionamento classico si evidenzia attraverso l’associazione del rinforzo a stimoli presenti nell’ambiente (cues). Il primo tipo di Blaszczynski mostrerebbe un percorso etiologico simile, in assenza di particolari vulnerabilità temperamentali o psicopatologiche. La eventuale presenza di disturbi d’ansia o dell’umore sarebbe da attribuirsi ad eventi stressanti legati al gioco e alle problematiche familiari e sociali correlate. Il secondo tipo di Blaszczynski si caratterizza per la presenza di una vulnerabilità emotiva, di disturbi affettivi primari, cioè insorti prima dei problemi azzardo-correlati, di sofferenza e traumi emotivi nel corso dello sviluppo, storia di abusi, altri eventi traumatici significativi, scarso sviluppo delle abilità sociali, di coping e di problem-solving. Queste situazioni complicano significativamente il quadro del gioco patologico, pur essendo i meccanismi che ingaggiano la persona nel gioco eccessivo i medesimi del primo tipo. La presenza della vulnerabilità emotiva e/o di franchi problemi psicopatologici primari influenzano la prognosi e la terapia.
Il terzo tipo, o percorso, di Blaszczynski si caratterizza invece per la spiccata propensione all’impulsività. Il tratto impulsivo appare costi- tutivo dell’assetto temperamentale, biologico, del soggetto, in relazione a quadri di ADHD o di un disturbo antisociale di personalità. Il pa- ziente mostra in anamnesi chiari problemi correlati all’impulsività in aree differenti dal gioco (atti antisociali, abuso di sostanze, deficit di attenzione, problemi di adattamento gravi e multipli). Il discontrollo del comportamento, le scarse ed instabili motivazione e adesione al trattamento, l’abuso di sostanze e l’eventuale presenza di tratti antisociali rendono assai difficile il trattamento, e severo il quadro complessivo e la prognosi.
Il modello dei percorsi etiopatogenetici proposto da Blaszczynski e Nower, nonostante il suo potenziale valore nella clinica e nella ricerca, ha ricevuto solo in parte un sostegno empirico in quanto nessuna ricerca è stata ancora indirizzata allo studio della gamma completa di fattori implicati nel modello e il loro rapporto temporale con lo sviluppo dei sintomi di gioco patologico. Solo pochi studi infine hanno cer- cato di validare la tipologia sulla base di gruppi di variabili più limitati. Con lo studio che qui viene riassunto Nower e Colleghi si ripropon- gono di contribuire a colmare questa carenza.


Metodologia
Gli autori hanno fatto riferimento al vasto database raccolto nella ricerca NESARC – National Epidemiological Survey on Alcohol and Rela- ted Conditions – condotta nel 2001-2002 su un campione della popolazione statunitense cui fu somministrata una intervista strutturata (AUDADIS-IV) e altri strumenti per la rilevazione della presenza di disturbi psicopatologici e abuso/dipendenza da sostanze secondo i criteri DSM-IV, il livello generale dello stato di salute e disabilità, la storia familiare, eventi stressanti recenti, dati socio demografici.
Dal campione è stato estratto un sottogruppo di soggetti che presentavano 3 criteri DSM o più tra i dieci previsti per il gioco patologico, comprendendo in tal modo sia giocatori problematici (n = 386) che patologici (n = 195). Il sottogruppo di giocatori disturbati (disordered gamblers) è stato studiato mediante la Latent Class Analysis (LCA), un metodo statistico per l’individuazione di sottogruppi sulla base di dati multivariati. Nella LCA il soggetto ha differenti probabilità di appartenere a ciascuna classe e non viene assegnato in modo definitivo all’uno o all’altro tipo. L’analisi è stata condotta su 22 indicatori (si rimanda all’articolo originale per l’elenco dettagliato).

Risultati
Con l’analisi con LCA sono stati messi a confronto modelli comprendenti da una a cinque classi. Gli Autori, sulla base delle statistiche di fitness, hanno concluso che i modelli a tre e quattro classi risultavano i più adeguati, preferendo il primo poiché il modello a quattro classi è stato giudicato ‘instabile’. La differenza tra le classi è più quantitativa che qualitativa. Il primo sottogruppo comprende il 51% del campione e corrisponde al primo tipo di Blaszczynski; le probabilità di esperienze di abuso recente di sostanze (ultimo anno) e di eventi stressanti sono moderate, mentre sono basse per altri indicatori. I livelli di disabilità e i punteggi relativi ai disturbi dell’umore sono minimi, così come bassa è la gravità dei comportamenti di gioco.

Il secondo sottogruppo (20% del campione) mostra una elevata probabilità di avere una storia di disturbi da uso di sostanze e moderate probabilità di avere avuto eventi stressanti nell’ultimo anno, problemi col bere, familiarità per uso di sostanze, disturbi di personalità. L’età media di esordio dei problemi con sostanze è la più elevata. I soggetti in questa classe hanno maggiori probabilità di avere problemi legali, decessi di un familiare o amico stretto, disturbi dell’umore, esordio di un episodio depressivo. Le donne e i più anziani hanno maggiori probabilità di collocarsi nel secondo sottogruppo.

Il terzo sottogruppo (29% del campione) mostra una elevata probabilità di avere un disturbo della personalità e una storia di abuso di sostanze, moderate probabilità di avere un disturbo antisociale, abuso di sostanze recente, recente decesso di un familiare, problemi col bere, genitori divorziati, con problemi di uso di sostanze e/o con storia di antisocialità. Rispetto alle altre due classi, i soggetti del terzo sottogruppo mostrano i maggiori livelli di problematicità nell’azzardo e le maggiori probabilità di avere un disturbo di personalità (compreso quello antisociale), abuso di sostanze recente e passato, una storia di disturbo d’ansia o dell’umore, divorzio o separazione, problemi col bere e familiarità.

Le conclusioni degli Autori

Nower e Colleghi considerano il loro studio il primo tentativo di supportare con dati empirici il modello di Blaszczynski e Nower utilizzan- do un ampio database contenente variabili relative sia la situazione recente (ultimo anno) che la situazione precedente. Sulla base delle variabili studiate il modello a tre classi si è dimostrato il più adeguato. La prima classe può essere considerata congruente con la tipolo- gia 1 di Blaszczynski: i giocatori condizionati nel comportamento. Nonostante l’assenza di maggiori vulnerabilità nell’area psicopatologica, questi individui possono sviluppare rilevanti problemi correlati al gioco, ciò a dimostrare che i fattori di rischio ambientali, il condizionamento e i pensieri distorti possono essere sufficienti a spingere il soggetto dal gioco sociale verso quello problematico o patologico. La seconda classe individuata dalla LCA è congruente con il secondo tipo di Blaszczynski, e si caratterizza per l’uso di sostanze, disturbi di personalità, depressione, familiarità per abuso di sostanze o psicopatologia. Le donne e i soggetti con età media più avanzata hanno maggiore probabilità di essere classificati nella seconda classe.
La terza classe, che ricalca il terzo tipo di Blaszczynski, sembra rappresentare un sottotipo della seconda. Essa infatti si distingue per una maggior gravità degli aspetti impulsivi e di antisocialità, ed è prevalentemente maschile. Mostra i maggiori livelli di disturbi della personalità, dell’umore, di abuso di sostanze, problematiche alcool-correlate, familiarità per disturbo antisociale e/o abuso di sostanze. Il rapporto tra le tre classi dal punto di vista della numerosità non coincide con quanto riportato nel modello originale di Blaszczynski e Nower, ma ciò può rappresentare un artefatto, in quanto lo studio è stato effettuato a partire da dati raccolti nella popolazione generale anziché clinica. Tuttavia non può essere escluso che in realtà, a differenza che nel modello teorico, siano due e non tre i gruppi maggiori di giocatori: quelli condizionati nel comportamento e quelli con vulnerabilità di tipo temperamentale, psicobiologia (terzo tipo di Bla- szczynski), laddove la presenza di una psicopatologia meno grave ne rappresenterebbe una variante.
Due maggiori limitazioni vengono sottolineate dagli Autori: a) i dati NESARC utilizzati non comprendono tutte le variabili necessarie per la validazione definitiva del modello; b) i dati non consentono di interpretare correttamente il rapporto temporale tra comparsa dei sintomi affettivi e il gioco problematico, elemento importante per riuscire a discriminare correttamente i tipi di Blaszczynski.
Nonostante tali limitazioni lo studio suggerisce l’esistenza di due o tre sottogruppi di giocatori che condividono una parte di fattori di rischio, ma che si differenziano per altri, in particolare la presenza di psicopatologia pre-esistente o comorbile.


Commento
L’eterogeneità dei giocatori d’azzardo problematici ha condotto molti Autori a proporre svariate classificazioni in grado di guidare il clinico nel formulare una prognosi ed un piano terapeutico appropriato. Le classificazioni sono sempre degli artefatti che forzano la realtà all’interno di categorie che non esistono nella clinica (soprattutto nella clinica psichiatrica), e dipendono dai criteri che ogni Autore adotta per tracciare le linee di demarcazione. Ogni classificazione comporta degli indubbi vantaggi, ma anche svantaggi talora rile- vanti: il sistema DSM ne è un esempio lampante. Blaszczynski e Nower, con il loro lavoro originale del 2002, si sono spinti un po’ più in là di una semplice classificazione, individuando tre percorsi patogenetici in cui elementi ambientali, neurobiologici, genetici, tratti temperamentali, eventi della vita, apprendimenti, presenza di sofferenza psicopatologica primaria, risultano tutti integrati tra loro. L’origine dei percorsi e il risultato finale sono gli stessi, ma le caratteristiche intrinseche dei quadri clinici vengono distinti, ricavandone indicazioni diagnostiche, prognostiche e terapeutiche differenziate.

La validazione empirica della tipologia di Blaszczynsi e Nower appare assai complessa. Negli ultimi anni alcune ricerche (l’articolo di Nower e Coll. ne fa una rapida disamina) avevano suggerito che i giocatori possono essere distinti in tre o quattro gruppi, la cui congruenza con i tipi di Blaszczynski risultava parzialmente confermata al prezzo però di forzare sensibilmente le interpretazioni. L’articolo di Nower e Colleghi non fa eccezione in questo. L’elaborazione statistica con la LCA ha fornito due soluzioni: la classificazione in quattro classi è stata rifiutata poiché la variabile ‘problemi emotivi’ non poteva essere stimata appropriatamente. Il modello a tre classi, giudicato come il più adeguato, mostrava ampie fasce di sovrapposizione tra le classi, specie tra la seconda e terza, cosa peraltro già ipotizzata nei lavori di Blaszczynski del 2000 e 2002. Le conclusioni di Nower e Coll. sembrano suggerire che potrebbe non esserci una vera e propria distinzione tra il secondo e terzo tipo, poiché entrambi condividono una larga fetta di caratteristiche: il secondo tipo potrebbe essere considerato in realtà un sottogruppo del terzo. L’osservazione clinica in effetti conferma che la distinzione tra soggetti afferenti al secondo o terzo tipo non è sempre agevole. Se la classificazione in due classi alla fine dovesse essere accolta, la tipologia di Blaszczynski assomiglierebbe sempre di più a quella di Cloninger per gli alcolisti.

Tuttavia non è detto che per il clinico pratico ciò sarebbe utile. Per trattare i giocatori appare opportuna una classificazione che sia in grado di aggregare i soggetti attorno ad alcune variabili critiche per il trattamento. Se da un lato l’individuazione delle variabili critiche è discrezionale e non può dar luogo a tipologie ‘oggettive’, dall’altro è nella pianificazione del trattamento che il clinico trova il significato prevalente della classificazione. Ad esempio, la presenza di un Io indebolito da scarse abilità sociali, di coping e di problem solving è una variabile che incide significativamente sul trattamento del giocatore e sulla prognosi, potendo legittimamente aspirare a diventare un elemento critico per una corretta classificazione. Su questo punto lo studio di Nower e Colleghi sembrerebbe confermare il modello originale di Blaszczynski che prevede un maggiore livello di disabilità nel secondo tipo. Tuttavia la eccessiva genericità dello strumento utilizzato nella indagine NESARC (Short Form Health Survey - SF-12), forse più adatto alle indagini sulla popolazione generale che su una popolazione clinica come i giocatori d’azzardo problematici, non consente di trarre conclusioni particolarmente attendibili.

Nower e Colleghi in effetti sottolineano che una limitazione dello studio sta nella impossibilità di valutare tutte le variabili previste dal modello di Blaszczynski. “Le conclusioni riguardo la relazione tra risultati e modello si basano su un giudizio interpretativo”. Così come, credo, i principi che hanno guidato la formulazione di questa tipologia.
In conclusione, il valore euristico della tipologia di Blaszczynski sta nella relativa semplicità con cui guida il clinico in un iniziale e som- mario inquadramento del giocatore patologico per poi costringerlo a riflettere criticamente mano a mano che la conoscenza della situa- zione personale e ambientale del paziente diventa sempre più approfondita. Cercare di comprendere come il paziente si accosti ad una classe oppure se ne discosti porta l’operatore a riflettere sempre più riguardo a quali siano gli elementi caratterizzanti il caso specifico. Il risultato dell’operazione di classificazione è importante sia quando conferma l’impressione clinica, sia quando le evidenze vanno in una direzione diversa da quanto immaginato inizialmente. I tentativi di validazione empirica del modello di Blaszczynski sono molto importanti perché suggeriscono in che misura i singoli elementi clinici e anamnestici tendano effettivamente ad aggregarsi tra loro e quali siano le conseguenze di ciò nel lavoro clinico. Ormai si è capito che l’eterogeneità dei giocatori problematici si può organizzare in un numero limitato di classi che fortemente assomigliano a quanto teorizzato da Blaszczynki. Nower, che condivide con l‘australiano la paternità del modello, ha raccolto un ampio database di variabili e ha dimostrato che è possibile individuare una organizzazione delle variabili tale che, pur se non dimostra definitivamente la bontà del modello originale, quanto meno suggerisce che le cose non sono così distanti da come le avevano descritte poco più di dieci anni fa. Altri studi sono necessari, precisano Nower e Colleghi, per indagare tutte le variabili comprese nel modello, anche con un disegno longitudinale che possa dimostrare l’effettiva valenza ed interazione dei fattori di rischio specifici di ogni classe. Non si può che concordare su questo, e ringraziare Nower per questo stimolante studio.

Graziano Bellio

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